venerdì 16 luglio 2021

Il progetto COLLIO Doc Vino da uve autoctone presentato a Milano da Borghi d'Europa


Presso l'Osteria la Stazione l'Originale di Milano, si è svolto l'incontro di informazione per il progetto L'Europa delle scienze e della cultura, proposto dalla rete Borghi d'Europa. Nell'occasione sul tema de 'Il Friuli Venezia Giulia a Milano' è stato raccontato il progetto COLLIO Doc Vino da uve autoctone.

4 le aziende che hanno lanciato il progetto: Alessandro Dal Zovo, dg della Cantina, Kristian Keber dell'azienda Edi Keber, Andrea Drius di Terre del Faet e Fabijan Muzic dell'azienda Muzic di San Floriano del Collio. Il giornalista Alessio Dalla Barba ha aperto la mattinata con una introduzione storica sul Collio Bianco o Colliano, che era da sempre l’uvaggio del Collio fatto con Ribolla gialla in quantità maggiore e poi altre uve autoctone. Dopo la Grande Guerra fu dato maggior spazio alla Malvasia istriana e al Tocai friulano, che divennero gli altri due componenti del Bianco del Collio, assieme alla Ribolla gialla. Queste erano infatti le varietà previste nel disciplinare del Collio approvato nel 1968. Le percentuali per fare il Collio Bianco sono state cambiate a inizio Anni '90, mantenendo le 3 varietà - Ribolla gialla, Malvasia istriana e Tocai friulano – ma permettendo a tutte di essere fra 15 e il 55%. Alcuni anni dopo c’è stata la modifica che permette tutt’ora di utilizzare a piacimento varietà e percentuali: più spazio alla creatività dei produttori, ma meno riconoscibilità. Perciò i quattro vignaioli Keber, Muzic, Drius e la Cantina Produttori hanno deciso di uscire con il "Collio Doc Vino da uve autoctone": con l’utilizzo della bottiglia Collio Collio, l’uscita del vino dopo almeno 18 mesi dalla vendemmia, la presenza delle 3 varietà - Ribolla gialla, Malvasia (istriana) e (Tocai) Friulano – con prevalenza del Friulano, la possibilità di affinamento in legno ed altre regole di autodisciplina. Ognuno ha presentato il proprio Collio Vino da uve autoctone, tutti annata 2019, con altre annotazioni storiche riferite a quando nel 1922 al Re e alla Regina ospiti a Gorizia, in abbinamento alla “tazza di brodo reale” fu servito l'uvaggio “Vino bianco del Collio” e allo scrittore Francesco Babudri che, nel 1931, parla del “vino bianco del Collio” che a Trieste si abbinava alle trippe, dopo la mezzanotte alla fine del digiuno natalizio. L'obiettivo del progetto, che è aperto ad altri produttori, è di legare il Collio bianco al territorio, grazie alle varietà indigene e all'eleganza del vino, che esce 2 anni dopo la vendemmia.




MANTENERE VIVE LE TRADIZIONI ALIMENTARI, INNOVANDO I SISTEMI DI PRODUZIONE: IL MOLINO PUSSINI nelle Valli del Natisone

 



Si stanno sviluppando a Milano le giornate di informazione che Borghi d'Europa promuove per presentare i territori che compongono la trama del progetto L'Europa delle scienze e della cultura (Patrocini : IAI-Iniziativa Adriatico Jonica ; Ente Friuli nel Mondo e Associazione per gli Italiani nel Mondo). 

Tra i percorsi  "Il Friuli Venezia Giulia a Milano ( in collaborazione con l'Osteria della Stazione l'Originale di Gunnar Cautero ".

Le Valli del Natisone sono state inserite negli itinerari, grazie anche al partenariato d'informazione con l'associazione Sapori nelle Valli .



Ad Azzida, frazione del comune di San Pietro al Natisone, in una località ricca di acque, si trova l’antico Molino Pussini. Non fatevi però ingannare dall’aggettivo “antico” perché il Molino risale bensì al 1400 (e da fine ‘700 è di proprietà della famiglia Pussini), ma è attualmente modernissimo e la vecchia ruota idraulica di legno ha da tempo lasciato il posto ad una moderna turbina, collegata ad un generatore che permette di rendere quasi completamente autonomi gli impianti, compreso quello del confezionamento sotto vuoto.


                                               Molino Pussini: fascino della vecchia ruota idraulica


Il sig. Giuliano Pussini, attuale titolare del Mulino, considera particolarmente importante, infatti, la sostenibilità ambientale, come pure la assoluta salubrità dei propri prodotti (alcuni dei quali certificati privi di glutine, quindi ideali per i celiaci). I prodotti sono innanzi tutto farina di Mais, gialla e bianca, di questi tipi rispettivamente:

Farina Semi-integrale, nella quale viene riportata parte della crusca.

Farina Classica, priva di crusca Quella Gialla è utilizzata per polenta, per insaporire altre ricette (pane, grissini), biscotti ecc, mentre quella Bianca per accompagnare il pesce.

Farina Bramata, priva di crusca; in essa è selezionata solo la parte più grossa della farina. L’uso è simile a quella Classica, ma viene scelta da chi predilige un maggiore corpo.

Farina Fioretto, priva di crusca; in essa è selezionata solo la parte più fine della farina. Particolarmente indicata ai celiaci/intolleranti, viene utilizzata per impanature, biscotti e dolci in genere.

Ed infine, per gli amici della Valtellina,

Farina di Grano Saraceno, che si usa miscelata ad altre farine, per realizzare la polenta taragna; pizzoccheri.

Quindi questo antico/modernissimo Molino è in grado di produrre farine secondo gli usi antichi, ma con tutte le garanzie di genuinità e di salubrità desiderate oggi: ad esempio si usano tipi omogenei di mais, scartando automaticamente i chicchi guasti, così da ridurre le tossine presenti nella farina finale e da garantire il passaggio del solo cereale scelto. Inoltre le farine sono confezionate sotto-vuoto, mantenendo tutte le sue qualità ed evitando la formazione delle larve che naturalmente si sviluppano nella farina di mais.


Gianluigi Pagano


venerdì 2 luglio 2021

I VINI ASSAGGIATI ALL’OSTERIA DELLA STAZIONE A MILANO DURANTE L’INCONTRO SUL PROGETTO “EUROPA DELLE SCIENZE E DELLA CULTURA

 

 




Milano, 29 Giugno 2021- Durante l’importante incontro di presentazione del progetto “Europa delle scienze e della cultura” (patrocinato Iai- Iniziativa Adriatico Jonica), tenutosi nella tana del gusto friulana a Milano diretta da Gunnar Cautero, con la regia di Borghi d’Europa, sono stati assaggiati alcuni ottimi vini di diverse zone del Belpaese.

Si è parlato molto e se ne parlerà per molto di turismo sostenibile, che riguarda anche il settore vinicolo.

All’Osteria della Stazione l’Originale, nel momento più conviviale dell’incontro per la stampa, sono stati proposti piatti friulani di spessore, abbinati ai vini del Collio di Villa Vasi e di Korsic e dell’Oltrepò Pavese di Defilippi-Cantine i Gessi della località Oliva Gessi, rinomata per la qualità dei bianchi da Riesling Renano e per le varie declinazioni di Pinot Nero.

Di Defilippi è stato provato prima lo Spumante Metodo Classico Brut Rosè “Maria Cristina” 2019, affinato sui lieviti per 24 mesi e dotato di una beva incredibile, avvolgente e molto persistente e poi il Riesling Renano Igt 2019 “Fabbio”, che conferma la mineralità propria della zona di Oliva Gessi e dei sentori fruttati floreali molto spiccati, un bel bianco complesso.

Per il Collio di Villa Vasi, cantina goriziana diretta da Gianluca Pelizzon, è stato provato prima il Friulano Friuli isonzo Doc 2020, intenso e di carattere, con lieve retrogusto ammandorlato e poi il Collio Bianco Venezia Giulia Igt “Autocktona” da uve Friulano, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla, un vino elegante, con un bouquet floreale e fruttato importante e al palato fresco e sapido.

Della cantina di Fabjan Korsic di San Floriano del Collio infine sono stati assaggiati il Friulano Doc Collio e il Collio Bianco da uve Friulano, Ribolla Gialla e Chardonnay (diversamente dall’Autoktona di Villa Vasi in cui si usa la Malvasia Istriana): il primo ricorda la Ponka (sottosuolo formato da marne ed arenarie) per la vitalità che esprime, un vino grintoso ed intenso, mentre il Collio Bianco si è rivelato molto fresco in bocca, con una bella rotondità e persistenza.

In alto i calici!

Azioni di sostenibilità virtuosa a San Marino

 


 


Come abbiamo già scritto, il concetto di sostenibilità è bellissimo e stimolante, ma il problema è come tradurlo in azioni pratiche; l’importante è che ciascuno si ponga il problema e trovi la maniera di attuare azioni conseguenti, che saranno diverse, dipendendo dalle forze di ciascuno e dalle sue specificità; quello che conta è che queste diverse azioni convergano verso un risultato: la sostenibilità ambientale.

Su questo tema a San Marino, la terra della libertà, si sta sperimentando un approccio semplice ed adatto alle caratteristiche del territorio: “Bosco Green. Il bosco degli imprenditori differenti”.

Il progetto – ci spiega Gabriele Geminiani, ideatore del festival - è un’iniziativa del San Marino Green Festival, nata dai cenacoli creativi fra me e Luigi, titolare di Equipe Luigi, parrucchiere a San Marino.

L’impresa può sostenere la transizione ecologica puntando a una profonda collaborazione con i territori. In un momento in cui piantare alberi sembra essere una delle parole d’ordine della transizione ecologica, nella Repubblica di San Marino si rilancia e si punta al rimboschimento, non solo piantando alberi, ma seguendoli durante tutto il loro sviluppo. L’obiettivo è di creare un bosco di comunità, in cui realizzare eventi e progetti didattici con le scuole. In sostanza, si vuol fare in modo che un luogo verde possa essere “partecipato” e vissuto.

Gabriele Geminiani (a dx) e Luigi Ceccoli dell’Équipe Luigi



L’idea è quella di coinvolgere gli imprenditori sammarinesi a piantare o custodire le piante che andranno a rinverdire un suolo pubblico alla Ciarulla, nel castello di Serravalle. In questo modo gli imprenditori (e anche i piccoli artigiani e commercianti) avranno modo di ridurre, fino ad annullare, l’impronta ecologica delle proprie attività. L’operazione viene fatta in collaborazione con la Segreteria di Stato per il Territorio e l’Ugraa, l’Ufficio gestione risorse ambientali ed agricole di San Marino.

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Dietro il progetto ‘Bosco Green’c’è l’intento di creare un percorso sostenibile rivolto a tutti gli imprenditori, anche i più piccoli; abbiamo deciso di partire da una particolare piantumazione di alberi, con specie autoctone. Vogliamo prendere per mano ogni professionista per avviarlo a un percorso di consapevolezza verso la sostenibilità della propria azienda. Una sorta di audit con più invitati in cui ognuno mette sul tavolo il proprio concetto di sostenibilità e ciò che più o meno coscientemente ha già messo in campo fino ad ora.

Ci crediamo perché oggi in questo processo di sostenibilità ambientale non mancano le imprese più grandi, che sono forse più facilitate a partecipare ai percorsi di transizione ecologica, mentre le piccolissime, le piccole e le medie imprese hanno una difficoltà dettata anche dalle loro dimensioni imprenditoriali. Noi vogliamo accompagnarle».

- Ma qual è la differenza tra un bosco e un “bosco di comunità”?

«Un’iniziativa del genere – ci risponde - punta al concetto di comunità, inteso come qualcosa che cresce e alle cui radici ha una nuova consapevolezza di relazionarsi con proprio territorio e il proprio ambiente. Dobbiamo rendere estrinseco questo valore aggiunto. Si parte dalle visite e dai progetti didattici con le scuole: le piante dicono molto, possono parlarci di storie e di futuro. Già San Marino Green Festival ha creato un’iniziativa che si chiama “Progetto Flora adotta un albero”, che aveva l’intento di fare incontrare due creature diverse, una animale e l’altra vegetale, affinché si generasse fra loro un dialogo. L’idea era di favorire l’accrescimento nelle persone del sentimento che accudire una pianta è accudire una creatura vivente, osservandola nelle varie fasi della crescita e dello sviluppo stagionale, dalla fioritura, al frutto e al seme. Dalla pianta, ora, passiamo al bosco».

Giampiero Valenza